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Realizzazione tema:
MZeta

Contenuti:
Marta Moscato
&
Giuseppe Adamo

Contenuti in inglese:
Marilena Urso


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Il convento

Il Santuario

Storia di S. Rosalia

La grotta

L'Eremo: Il Convento

Si allunga sul lato Nord dell'antica Serra Quisquina, nel cuore di un fitto bosco naturale di latifoglie –leccio, roverella e frassino- che la circonda da ogni lato. L'Eremo sorge a 986 mt sul livello del mare, ad appena 4 km da Santo Stefano Quisquina (Ag); l'altitudine -insieme all'esposizione a Nord- rende il luogo fresco nelle afose estati siciliane e impraticabile in inverno a causa della neve.

Per raccontare la storia dell'Eremo bisogna partire dalla storia di Santa Rosalia: nel 1624 in quel bosco viene scoperta una grotta e, al suo ingresso, un'epigrafe che testimonierebbe la presenza della santa al suo interno. Vista la continua presenza di fedeli, alla fine dell'anno successivo la Curia di Agrigento autorizza la costruzione di una cappella accanto all'ingresso della spelonca.

Qualche anno dopo, il mercante genovese Francesco Scassi, viene a conoscenza della storia di Santa Rosalia e della grotta. Decide, allora, di venire in Sicilia ed investire tutto il suo denaro nella costruzione dell'Eremo. Dopo aver fatto edificare la chiesa, delle cellette, una cucina ed una stalla, decide di ritirarsi e vivere qui con altri tre uomini: due genovesi e un abitante di Santo Stefano Quisquina. I quattro fonderanno una congregazione indipendente di frati devoti a Santa Rosalia che col tempo diventerà del tutto autosufficiente: il frantoio, il granaio, la calzoleria, la falegnameria e quant'altro si trova all'interno dell'Eremo.

Nel corso di tutto il Settecento l'Eremo della Quisquina è uno dei più rinomati di tutta la Sicilia: visitato da vescovi, principi e cardinali, è oggetto anche delle loro donazioni. La congregazione gode di diversi possedimenti, che forniscono ai frati tutto ciò di cui hanno bisogno, dagli ortaggi al grano all'uva per il vino. La fama e la prosperità portano in questo secolo moltissimi nuovi frati all'Eremo e i Ventimiglia, baroni regnanti su quel territorio, provvedono all'ampliamento e all'arricchimento della struttura: dopo questo lavoro l'Eremo è in grado di ospitare anche un centinaio di appartenenti. In realtà i frati veri e propri non sono mai più di dieci: l'Eremo è popolato da decine di novizi che, prima di diventare membri effettivi della congregazione, devono superare un periodo di prove (per conoscerne alcune vedi gli aneddoti). La selezione è necessaria vista la varietà di gente che raggiunge l'Eremo: accanto ai devoti, vogliono indossare il saio i figli delle famiglie più povere della zona, che vedono la vita monastica come un'alternativa alla povertà e alla fame, o ancora delinquenti e banditi che all'interno dell'ordine avrebbero goduto dell'asilo religioso.

Quest'ultimo fattore cambia completamente l'assetto interno dell'eremo: dalla fine del XIX secolo l'integrità spirituale dei frati è tutt'altro che scontata, numerosi episodi contribuiscono al declinodella congregazione e i pochi veri religiosi rimasti vengono messi in minoranza. Questo periodo di decadenza si conclude nel 1928, quando la congregazione viene sciolta e i frati cacciati dalla struttura.

In realtà i frati restano all'Eremo: l'ultimo, noto a tutti come Frà Vicè (Vincenzo), ha vissuto in solitudine gli ultimi anni della sua vita, vivendo di ciò che gli abitanti dei paesi limitrofi gli davano in elemosina. E' morto nel 1985, alla veneranda età di 92 anni.

Oggi l'Eremo è affidato ad un Commissario nominato dall'Assessorato Regionale agli Enti Locali, che l'ha a sua volta dato in gestione a La Pro Loco di Santo Stefano Quisquina. Fino al 2000 (anno in cui è entrata in gioco la Pro Loco) si sono susseguiti una serie di custodi: anziani signori pronti a raccontare a fedeli e curiosi la storia (accuratamente rivista!) dell'Eremo e della Santa. Durante tutto l'anno è possibile seguire un percorso giudato attraverso gli ambienti conventuali:

  • il frantoio: vi si accede direttamente dal cortile interno che costituisce l'ingresso, e conserva la macina che veniva fatta girare per macinare il grano, la grande vasca in cui l'uva veniva pestata per farne vino...;

  • la dispensa: era fondamentale per conservare il cibo durante l'inverno, visto che spesso era impossibile abbandonare il convento a causa della neve; conserva le botti in cui i frati conservavano il vino, i contenitori usati nelle nostre zone per la misurazione dei cereali e la raccolta dell'olio (una delle poche cose che non venivano prodotte in convento, e che quindi bisognava chiedere in elemosina). Tutto è sovrastato da una grossa trave alla quale veniva appesa la carne precedentemente seccata o salata;

  • le latrine: ben più recenti dei bagni delle abitazioni private, permettono un sistema di scarico e smaltimento a dir poco ingegnoso, che utilizza tubature a imbuto in terracotta (“catusi�?) per far defluire i "rifiuti organici" nei terreni coltivati, dove fungono da concime!

  • le cellette dei frati: limitate al numero dei frati effettivi che abitavano il convento, sono tutte rivolte a Nord e di uguali dimensioni, arredate poveramente come lo erano un tempo;

  • la cucina: la struttura è quella originale, rivestita da maioliche bianche e blu; vanta due forni quello giornaliero e quello, enorme, utilizzato per fare il pane - e il "camino perpetuo", una brace che veniva sempre mantenuta accesa come fonte di luce e calore; a tutto questo vanno aggiunti gli oggetti che popolavano le cucine locali in altre epoche, e che arredano in tono la stanza;




  • il refettorio: arredato con i tavoli originali, da poco restaurati, comprende anche il braciere attorno al quale i frati si riscaldavano nelle gelide serate invernali; separato dalla cucina da un'apertura che un tempo permetteva la raccolta dell'acqua piovana, così che i commensali si lavassero le mani prima di entrare in refettorio per la cena!




  • la stanza del principe: è la camera che il principe di Ventimiglia fece costruire per sé durante i lavori per l'ampliamento dell'Eremo; al mobilio fa da sfondo un affresco dell'Ottocento che raffigura il porto di Palermo e il Monte Pellegrino;




  • la legnaia: gravemente danneggiata da un incendio, lo scorso secolo è stata completamente ricostruita e ora ospita un museo etno-antropologico - anch'esso allestito dalla Pro Loco - che raccoglie oggetti relativi agli ambiti più diversi: aratri, strumenti di misura, gli oggetti abitualmente in uso in casa, i prototipi dei nostri elettrodomestici! Il museo occupa anche un'altra piccola stanza, attigua alla legnaia, direttamente collegata alla chiesa da un lungo corridoio che si affaccia sul sagrato;




  • la cripta: è la stanza che conclude la visita guidata, e vi si accede da una botola posta di fronte all'altare centrale della chiesa; in quest'ambiente - originariamente senza aperture - venivano portati i cadaveri dei frati per essere mummificati, poi riposti nelle nicchie scavate nelle pareti (per altre informazioni sulle pratiche di essiccazione vedi gli aneddoti).




Ente Gestore:
Cooperativa “La Quercia Grande”
Per informazioni: (metti collegamento idoneo e mail info@quisquina.com )

Apertura:
Luglio ed Agosto: tutti i giorni
Da Settembre a Giugno: sabato, domenica e giorni festivi

S. Messa:
Nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre: S. Messa domenicale ore 18.00
Per Matrimoni, Celebrazioni nel Santuario contattare il Rettore, Mons. Antonino Massaro, al numero di tel. 0922.982091



Amici dell'Eremo


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